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Età Archeologiche

 
 
 

Età del ferro - Seconda età del ferro - Celti

    Periodo: da IV sec a.C. - a II sec a.C.
     
 
Seconda età del ferro - Celti

LA ROMANIZZAZIONE (II-I SECOLO A.C.) 
All’inizio del II sec. a.C. i Galli della Transpadana, una volta vinti dai Romani, stipularono con essi dei trattati di alleanza. I legami con Roma favorirono il processo di romanizzazione, il quale si manifestò con l’abbandono da parte delle popolazioni locali di un modello sociale a carattere rurale, militare ed egualitario in favore di quello latino (Verona ebbe senatori romani già nella prima metà del I secolo a.C.). Tale processo fu assecondato dal servizio di Galli transpadani nelle armate di Roma e dalla presenza nei centri urbani, in pieno sviluppo dalla metà del II sec. a. C.,  di aristocrazie filoromane. Notevole impulso fu inoltre dato dalla costruzione della Via Postumia, realizzata 148 a.C. per garantire il passaggio degli eserciti attraverso la pianura padana, e che d’ora in avanti consentirà una migliore mobilità interna e lo sviluppo economico dell’area.
Consolidata la presenza romana sul territorio, singoli o piccole comunità latine e italiche vi si stabilirono in forma definitiva. Nel frattempo si andavano a formare le famiglie che, nel I secolo a.C., esprimeranno figure  come Livio, Cornelio Nepote, Tizio Cazio ecc.
Il processo di romanizzazione venne ulteriormente accelerato dalla concessione nell’89 a.C del diritto latino ai popoli rimasti fedeli a Roma - e tra essi i Cenomani - durante la guerra sociale. Brixia, dopo aver ricevuto anche lo statuto di colonia latina, provvide ad una prima centuriazione (la suddivisione del territorio in lotti quadrati, delimitati da linee ortogonali tra loro - i decumani e i cardines- che seguono un orientamento predeterminato). Nel 49 a.C., per la legge Roscia, voluta da Giulio Cesare, tutti i Transpadani  divennero cittadini romani.

 

ABBIGLIAMENTO                                                                I secoli II e I  a.C. sono interessati dal Medio e Tardo La Tène. Il primo, suddiviso nelle fasi La Tène C1 e C2, si data tra 250 e 120 a.C., mentre le fasi La Tène D1 e D2 del secondo vanno dal 120 al 25 a.C.
In Italia settentrionale tra II e I secolo a.C. si assiste al differenziarsi degli accessori dell’abbigliamento in varianti locali improntate, in zone più periferiche, su tradizioni celtiche e alpine. E questo  fino ad età imperiale.
Relativamente al territorio cenomane, il costume femminile del II-I secolo a.C. si compone di fibule, anelli digitali, bracciali in vetro. Le fibule sono pure presenti nel costume maschile, composto, nel caso di guerrieri, di lancia, spada, catena portaspada o gancio, scudo.
Da sepolture rinvenute a Timoline (Brescia) provengono pure dei torques, datati alla seconda metà del I secolo a C., per i quali, tuttavia, non è possibile stabilire una  più precisa collocazione nell’ambito del costume maschile o femminile mancando i dati relativi ai corredi delle singole tombe


 

GLI INSEDIAMENTI                                                           Strabone (64-63 a.C. – verso il 21d.C.) e Polibio, storico greco vissuto nel II sec. a.C., descrivono i Celti padani come abitanti in villaggi non fortificati e in case prive di ogni comodità
Per quanto riguarda Milano, l’insediamento di IV-III secolo non  ha mai effettivamente restituito resti di una cinta difensiva, forse perché costruita, come le abitazioni, con legno e terra. L’esistenza di un abitato costituito perlopiù da un’edilizia povera, oltre che da una distribuzione piuttosto sparsa delle abitazioni, è segnalata pure per Brescia, nota alle fonti letterarie del I secolo a.C. come caput Cenomanorum. Qui, tuttavia, già a partire dal II secolo a.C., sorge un edificio di culto in muratura collocato sulla via principale. Col I sec. a. C. il volto della città comincia a mutare radicalmente. Successivamente all’89 a.C. Brixia si dota infatti di un sistema urbanistico incentrato sul foro, a nord del quale, sui resti del precedente santuario sorge il santuario della prima metà del I secolo a.C. .Dello stesso periodo sono le strutture di una domus, dotata di un vano mosaicato, situata tra il decumano dell’attuale via Musei e il probabile cardo di vicolo Settentrionale.

 

CULTURA MATERIALE                                                      La crescente richiesta di prodotti metallici d’importazione in area transpadana è indicata  dalla presenza di vasellame bronzeo di tipo capuano o italico, (padelle tipo Aylesford, brocche tipo Gallarate e Ornavasso, boccali tipo Idria, attingitoi tipo Pescate ecc.), successivamente anche imitato in loco. In un simile contesto sono da considerate del tutto eccezionali le falere in argento di Manerbio, giunte dall’area danubiana nel I sec. a.C.
Per quanto riguarda le produzioni ceramiche, dalla metà del II sec. a.C. , accanto ad esemplari a vernice nera d’importazione, compaiano modelli elaborati localmente, come  la ceramica con decorazione plastica ad alveare o il vaso a trottola. Alcune tipologie (l’olletta ovoide del Pavese, il “bicchiere portauovo” del Comasco, la “fiasca da pellegrino” del Bresciano), legandosi a determinati territori, sembrano essere caratteristici dei gruppi celtici ivi stanziati. Col I secolo a.C. tali differenziazioni, “segno di una società che ormai non comunica nel proprio interno e che subisce invece comuni forme di acculturamento esterno” (Arslan), tendono a scomparire, soppiantati da produzioni tipicamente romane.
La monetazione dei Galli traspadani imita le coniazioni di Marsiglia, recante sul rovescio un leone e sul diritto la testa di Artemide Efesina (nelle emissioni celtiche il leone si modifica fino a diventare un lupo o uno scorpione), mentre le leggende hanno caratteri etruschi. Si riconoscono più tipi monetali, riferiti a Insubri, Cenomani e gruppi celtici occidentali (Libici o Salluvii), che circolano accanto alla monetazione romana, di cui in parte sono complementari.

 

LUOGHI DI CULTO                                                             Il rinvenimento a Menerbio di un ripostiglio di monete celtico-padane, emesse nella metà del II sec. a. C.  da Cenomani, Insubri e Libici (?), nonché delle falere sopra ricordate, ha fatto ipotizzare la presenza in loco di un santuario federale.
A Brescia il più antico edificio sacro individuato alle pendici del colle Cidneo, risalente all’II secolo a.C.,  si componeva di vani affrescati prospicienti un lastricato. Il successivo santuario d’età repubblicana, il più importante complesso cultuale di tutta l’Italia settentrionale del I secolo a.C., insisteva sulla stessa area ed era costituto da quattro sacelli ad aula unica affiancati su di un podio, scale di accesso indipendenti, un portico comune sostenuto da colonne con capitelli di stile corinzio. I motivi e gli schemi della decorazione pittorica interna si collocano tra il “I stile pompeiano”, riproducenti architetture strutturali, e gli stili successivi, caratterizzati da architetture immaginarie.  Le divinità adorate nelle celle del santuario erano forse Giove, Giunone, Minerva (la triade capitolina) e una divinità locale.

 

LE SEPOLTURE                                                                          Nella Transpadana si registrano rituali di sepoltura differenziati con aree in cui predomina l’inumazione, come nel Bresciano, o la cremazione, destinata  a prevalere ovunque. Non mancano casi di biritualismo, accertato, per esempio, in sepolcreti veneti  riferiti all’ambito cenomane (l’inumazione in genere è riservata agli uomini e l’incinerazione alle donne e ai bambini);
In area veronese le tombe cenomani del II sec. a C. sono nella maggior parte dei casi costituite da una fossa delimitata da  ciotoli disposti a circolo; ma non mancano tombe a cassetta realizzate con tegole romane. Nelle sepolture degli uomini compaiono le armi (spada, lancia e scudo) piegate e deformate secondo un tipico uso celtico. Le tombe femminili sono caratterizzate dalla presenza di fusaiola, anelli digitali, una coppia di fibule, coltello in ferro (legato alla preparazione del cibo).Tra i doni funebri si annoverano vasellame da mensa in bronzo, ceramica a vernice nera e acroma, monete, sia romane che  cenomani o insubri, deposte nella tomba forse come simbolo di ricchezza.
Col I secolo a C.  le tombe con armi, sia in ambito cenomane che insubre, diventano sempre più rare fino a scomparire  del tutto nella seconda metà dello stesso secolo. L’assenza di armi e l’adozione di riti romani (deposizione nella tomba di monete quale “obolo di Caronte”)in necropoli come quella di Valeggio sul Mincio, unitamente alla realizzazione  di monumenti e altari funebri tipologicamente avvicinabili a modelli ellenistici – già segnalati a Brescia nel corso del I sec. a.C. - testimonia l’avvenuta romanizzazione. 

(Testo di D.V. e F.F / illust. di D.V.)

 

 

   
     
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