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Età Archeologiche

 
 
 

Medioevo - Età altomedioevale - Longobardi

    Periodo: da 569 d.C. - a 774 d.C.
     
 
Età altomedioevale - Longobardi
 
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Periodo: 568/69–774 d.C.
I longobardi giungono in Italia tra il 568 e il 569, guidati da re Alboino, attraverso il Friuli; l’occupazione avviene per mezzo di gruppi armati detti farae e porta alla costituzione di due grandi blocchi territoriali: la Langobardia maior al nord (la zona padana e la Toscana) e la Langobardia minor al sud (ducati di Benevento e Spoleto). Il resto della penisola, la Sicilia e la Sardegna rimangono in mano a Bisanzio.
In Lombardia l’insediamento riguarda preferibilmente la zona della media pianura, partendo dalle città (Brescia e Bergamo soprattutto) per poi estendersi alle zone circostanti, privilegiando quelle più ricche di risorse economiche (agricole) ed escludendo le altre. Nell’arco di pochi decenni la società longobarda consolida la propria struttura monarchica: accanto al re troviamo il duca, suo rappresentante presso il ducato e il gastaldo, garante della gestione dei beni regi presso unità territoriali fiscali dette gastaldati.Il regno si dota di una capitale (Pavia, dal 626) e, dal 743, leggi ufficiali regolano la vita comune (Editto di Rotari).
Dalla fine del VI secolo il processo di conversione al cattolicesimo, favorito da alcuni sovrani come Teodolinda, subisce un’accelerazione giungendo con Liutprando (712–744) agli esiti più elevati: la chiesa longobarda assume la strutturazione in diocesi con sedi vescovili cittadine e chiese battesimali rurali che saranno affiancate, al tempo di re Desiderio (756–774), da celle monastiche facenti capo ai grandi monasteri di fondazione regia (San Salvatore a Brescia, San Salvatore della Regina a Pavia e l’abbazia di San Benedetto a Leno).
L’assimilazione della cultura latina, iniziata durante lo stanziamento in Pannonia (dal 520) e favorita dalla conversione al cattolicesimo, proseguirà per tutta la durata del regno con risultati particolarmente significativi nella fase della cosiddetta “rinascenza” liutprandea.
Nel 774 Carlo Magno pone fine, in Val di Susa, al regno della Langobardia maior, sconfiggendone l’ultimo re, Desiderio; i ducati meridionali, in virtù del loro isolamento geografico, conserveranno invece una certa autonomia fino all’arrivo dei Normanni (XI secolo).

 

Abbigliamento
Gli scavi tombali, principale fonte di informazione sull’abbigliamento, evidenziano nel corredo femminile la presenza, fin dalla prima metà del VI secolo, di monili di vario tipo (orecchini, collane, anelli, bracciali), di un ago crinale e di fibule metalliche a esse e a staffa portate generalmente a coppia e con lo scopo di trattenere l’abito; sono decorate ad intaglio o a niello e possono portare incastonati dei granati (tecnica cabochon); la decorazione è di tipo zoomorfo, con animali stilizzati, nelle varianti “stile animalistico” I (tipicamente germanico) e II (con intrecci mediterranei). Questi reperti, molto soggetti a variazioni di moda e facilmente databili, sono utili indizi di studio dell’andamento del processo migratorio e mostrano strette corrispondenze fra le tipologie pannoniche e quelle italiane. L’uso delle fibule germaniche viene tuttavia presto abbandonato, in Italia, a favore dei tipi a disco, zoomorfo e cruciforme, tipicamente mediterranei (Bierbrauer).  
Il costume maschile è caratterizzato per lo più dalla presenza di armi. Fin dal VI secolo i corredi tombali maschili comprendono: una spada portata appesa ad una cintura con fibbia, una lancia con cuspide a foglia di salice (o un giavellotto) e uno scudo in legno e cuoio con umbone in ferro; raramente compaiono anche punte di freccia. Le armi sono poco soggette a variazioni di forma nel tempo in quanto fortemente legate alla loro funzione; entro pochi decenni, tuttavia, intervengono cambiamenti imputabili alla funzione di status simbol assunta dal corredo, divenuto sempre più elemento connotante la stirpe e la classe di appartenenza: la spada e la cintura (cingolum) sono presenti abitualmente nell’abbigliamento aristocratico e a questi si aggiungono, dopo lo stanziamento in Italia e il passaggio alla condizione di proprietari terrieri, oggetti e abiti di lusso, e, talvolta, elmi, corazze ed elementi indicanti lo stato di cavaliere (equipaggiamento e bardatura da cavallo) rarissimi invece in Pannonia; si diffonde largamente, inoltre, l’uso dello scramax, una sorta di pugnale dalla punta ricurva e con scanalature sui due lati, molto più volubile nella forma e lunghezza rispetto alle altre armi e considerato quindi elemento datante.

 

La città
Alcune fonti scritte altomedievali paragonano lo spazio urbano alla città celeste, ultraterrena, descrivibile attraverso la simbologia numerica (quattro porte, trentatré torri ecc…) come avviene nella rappresentazione di Milano proposta dal“ Versus de mediolano civitate”, un testo del VIII secolo che ne sottolinea la monumentalità e l’importanza del ruolo amministrativo e di quello religioso, determinato dalla presenza del vescovo.
Un contributo importante ci viene anche dall’archeologia: una serie di scavi, programmati ed eseguiti secondo il metodo stratigrafico, condotti tra il 1980 e il 1992 al nord (Brescia, zona Santa Giulia e Via Alberto Mario; Verona, zona tribunale e in Via Dante; a Milano per la costruzione della linea 3 della metropolitana) e a Roma presso la Crypta Balbi, forniscono una serie di informazioni di carattere generale. Pur nella diversa storia evolutiva dei siti sopra citati, emergono costantemente, nel periodo altomedievale, i seguenti elementi:
- innalzamento del livello del suolo della città dovuto alla non rimozione dei detriti incendiari e di demolizione e all’accumulo dei rifiuti domestici (dark edges o dark eart)
- impiego di materiali da costruzione poveri e deperibili (legno, paglia e sterpi) talvolta uniti a materiali di reimpiego (di origine romana)
- parassitismo edilizio, ovvero sfruttamento, spesso secondo un uso improprio, delle costruzioni romane preesistenti
- sepolture in città, non necessariamente in relazione alla presenza di edifici religiosi
- Per ciò che riguarda il rispetto della planimetria preesistente si assiste ad atteggiamenti opposti: spostamento dei poli di gravitazione civile e religiosa a Brescia, sostanziale rispetto e impiego degli elementi planimetrici di età romana (strade, piazze ecc…) a Verona.
L’interpretazione di questi dati ha portato a conclusioni contrastanti: per alcuni studiosi (Brogiolo) essi starebbero ad indicare decadenza, degrado e ruralizzazione del tessuto urbano che si differenzia dalla campagna solo per la presenza dei centri del potere civile e religioso, mentre per altri (Cristina La Rocca), incrociando i dati archeologici con testimonianze documentarie si potrebbe giungere a conclusioni di segno opposto. Da non sottovalutare, in ogni caso, l’incompletezza degli studi, pressoché assenti per il meridione d’Italia e dai risultati comunque non generalizzabili.
Indizi di ripresa edilizia sono ravvisabili, verso la fine dell’VIII secolo, in alcune opere a carattere decisamente meno primitivo come a San Salvatore a Brescia.
Lo studio delle necropoli evidenzia una distribuzione abitativa caratterizzata, nelle zone rurali padane, da villaggi con una certa consistenza demica come Montichiari, Calvisano, Isorella, Ghedi, Leno, Goito, Arsago Seprio, Fornovo S. Giovanni, affiancati da altri insediamenti di minore importanza.

 

Cultura materiale
La ceramica longobarda prodotta in Pannonia è di tipo germanico: fabbricata a mano o al tornio, con decorazioni a pressione (con dita, steccature diagonali, trasversali, a griglia) e a stampiglio, lavorata a stralucido e di colore scuro a causa della cottura in ambiente riducente (assenza di ossigeno). Essa giunge in Italia e qui continua ad essere usata, e prodotta, per circa un secolo. Alcuni studi dimostrano la presenza di due grandi poli produttivi al nord: il Piemonte e Brescia. Da questi provengono manufatti ceramici depuratissimi (argille accuratamente liberate da inclusioni).
I successivi scavi archeologici e il contributo di ulteriori studi hanno permesso di appurare la presenza di ceramiche d’uso quotidiano, quindi non solo prodotti per uso funebre, presso centri abitati, e di procedere ad una classificazione in base ai seguenti parametri:
- forma e funzione (servizi da mensa, e in particolare per bere, come la brocca, la fiasca, la bottiglia, il bicchiere)
- ornamentazione (sempre astratta e non necessariamente presente)
- impasti, cottura e cronologia, dedotta dalla forma e dalla decorazione (es. negli esemplari più antichi le stampiglie sono ravvicinate, negli esemplari più recenti sono più rade).
Per Brescia si segnalano i ritrovamenti nel sito di Santa Giulia, dove oltre a ceramica comune e vetro sono state trovate tipologie simili alla sigillata africana (manufatto importato tramite i commerci e ben presto imitato in loco come prodotto di lusso). Si ricordano inoltre gli scavi di Via Trieste e il ritrovamento presso casa Pallaveri di due forni di produzione di tipo verticale a camere separate. Tra VII e IX secolo si assiste in tutto il nord Italia ad un impoverimento nella produzione di ceramica e di altri manufatti fini che verranno sostituiti parzialmente con prodotti in legno e in pietra ollare. Si tratta, per quest’ultima, di un manufatto ottenuto partendo da blocchi di pietra clorotoscistica lavorati a cipolla fino ad ottenere contenitori di forma troncoconica presentanti esternamente bande decorative di diversa larghezza o segni con vario significato (capacità di misura, peso ecc…), e, internamente, superficie a millerighe derivate dalla lavorazione.
Nell’ambito della produzione vetraria altomedievale, testimoniata a Brescia negli scavi in Santa Giulia, si trova soprattutto il bicchiere a calice con piede distinto dal corpo (dal V secolo) e la lucerna di vetro che sostituisce quella in ceramica di tipo romano. L’assenza di recipienti da mensa in metallo, nei rifiuti abbandonati, non autorizza la loro esclusione dal corpus delle testimonianze materiali dell’età longobarda; quelli in metalli preziosi figurano spesso nei lasciti testamentari quali oggetti rientranti nell’asse ereditario famigliare.
Utensili di bronzo e attrezzi agricoli sono menzionati da Warnefrit, gastaldo di Siena nel 730, in una serie di beni di pertinenza del monastero familiare di Sant’Eugenio.

 

Luoghi di culto
L’architettura longobarda è argomento quanto mai controverso in virtù delle scarse testimonianze delle quali disponiamo; i pochi esempi certi localizzati al nord sono riconducibili alle chiese pavesi di Santa Maria in Pertica, a pianta centrale con grande sviluppo verticale, Sant’Eusebio, della quale rimangono pochi, significativi capitelli reimpiegati nell’attuale cripta, e al battistero di Lomello, che sviluppa in altezza una pianta ottagonale. L’attuale chiesa di San Salvatore a Brescia, è comunemente considerata di fondazione desideriana (fase II, VIII secolo) ed è caratterizzata da tre navate separate da colonne e concluse da tre absidi al di sotto delle quali si sviluppa una cripta detta a oratorio, costituita da un grande vano suddiviso in tre piccole navate di uguale altezza su colonne; l’edificio insiste su una fase precedente (Fase I, VII secolo), caratterizzata invece da una pianta a T, con navata centrale terminante in un’abside e fiancheggiata da due cappelle concluse da emicicli. Numerosi studiosi (Settia, Lusuardi Siena) sono concordi nel ritenere che l’innegabile proliferazione di edifici ecclesiastici fra VII e VIII secolo in città e in contesti rurali sia da attribuire più che alla necessità di soddisfare esigenze comunitarie, alla volontà di nobili convertiti interessati a questioni di politica religiosa, promozione famigliare e devozione personale.
Gli esempi riconducibili all’operato longobardo in Italia Meridionale sono il monastero di San Vincenzo al Volturno (fine VIII secolo) e la chiesa di Santa Sofia a Benevento, il più importante luogo di culto del meridione longobardo che, ispirandosi a modelli bizantini, si erge su di una complessa pianta stellare (760).


Le sepolture
Le necropoli longobarde sono disposte a righe secondo lo schema carolingio, e spesso presentano nuclei secondari aggregati attorno ad uno principale. Le sepolture del primo periodo in Italia sono in tutto simili a quelle pannoniche: presentano un ricco corredo avente lo scopo di sottolineare non già l’etnia quanto lo status sociale del defunto e la continuità del prestigio famigliare. Il cerimoniale, non codificato e quindi piuttosto mutevole, è solitamente gestito da una figura femminile appartenente allo stesso ambito.
Con la fine del VI secolo, il passaggio alla condizione di proprietari terrieri, impone, come già visto, un arricchimento del corredo funebre con lo scopo di indicare la nuova posizione sociale, come suggerirebbe la ricca tomba US. 319 di San Pietro in Castello a Ragogna; dello stesso periodo sono alcuni corredi con oggetti volti alla qualificazione del defunto come cavaliere (bardatura da cavallo, sella, staffa e affini come nella tomba Baxter, nella 90 e 119 del sepolcreto di S. Stefano a Casteltrosino) posti, soprattutto a partire dal VII secolo, in relazione a sepolture femminili dette delle “donne del cavaliere” connotate da offerte simili accompagnate da monili.
Il processo di conversione al cattolicesimo, l’avvicinamento dell’aristocrazia al mondo ecclesiastico, in particolar modo monastico, la scelta di investire nel futuro attraverso le carriere ecclesiastiche, portano ad ulteriori mutamenti sia nell’interpretazione del corredo che nelle modalità di svolgimento del rito funebre, senza che l’aspetto “pagano” venga mai del tutto abbandonato. Il corredo perde il suo significato simbolico e talvolta è rifiutato allo scopo di rappresentare, in controtendenza rispetto al costume diffuso, la humilitas del defunto analogamente a quanto avviene in alcune sepolture di area carolingia (Gertrude, Figlia di Pipino I badessa del monastero di Nivelles). In altri casi la dotazione funebre viene sostituita da vere e proprie donazioni in terreni e beni mobili a favore degli enti monastici e dei bisognosi. Il rito, sempre più assimilato alla codificazione cattolica, si svolge durante la messa e determina sepolture nella chiesa (apud ecclesiam), che possono avere corredo armato o solo simbolico (Casteltrosino) e talvolta presentare una lapide commemorativa alla maniera latina; la gestione del rito vede la progressiva sostituzione dell’incaricata di famiglia con la figura del vescovo e del monaco. 

(F.F.)

 

 

   
     
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